Perché si mangia l’oca a San Martino?
Sul finire del mese di novembre, dopo aver accumulato nutrimento nel periodo estivo, l’oca rallenta il suo metabolismo, accedendo ad uno stato semi letargico. Prima che questo accada, le sue carni, marezzate di grasso nobile, sono all’apice della generosità.
Per questo, tradizionalmente, siamo portati ad assaporare piatti a base di oca proprio in questo speciale momento, che precede il contegno della stagione dell’Avvento, che si prolungherà sino alle festività natalizie.
Il Friularo DOCG si sposa perfettamente con l’oca, assecondando e contrastando, secondo quei principi fondamentali della gastronomia antica, la tendenza ricca e maestosa dell’oca, con un finale straordinariamente asciutto e solenne.
Nella campagna veneta, sin dal’Ottocento, il mese di novembre segnava la conclusione dei contratti agrari e quindi l’occasione di riflessioni e bilanci sull’anno produttivo.
L’oca in questo senso è beneaugurante: se il mezzadro può permettersi l’oca a metà novembre, nella ricorrenza di San Martino, il giorno 11, significa che l’anno è trascorso con successo e ha portato guadagni.
Da qui deriva il proverbio tipicamente padovano: “Chi no magna l’oca a San Martin, no vede el beco de un quattrin”, ossia chi non mangia l’oca a San Martino, non prende un soldo.